Sabato

Sabato?

Sabato?

Sono amareggiato. Dal lunedì al venerdì curo l’azienda, tornando a casa anche a orari improponibili. Se sono fortunato, in pausa pranzo ho un po’ di tempo da dedicare a me stesso e alle mie passioni. Il più delle volte mangio mentre mi rilasso in Base e questo è già un successo.

Quello che davvero mi manca invece, è il poter scrivere quando il fuoco è caldo. Vorrei a volte mettere giù subito le idee, battere il ferro quando ancora ti ustiona il solo avvicinarsi, quando le viscere sono in comunicazione con il cervello e gli dicono che la cosa si può e si deve fare. Quando l’idea è dannatamente buona. In quel momento.

Invece si vive di compromessi. Si torna tardi, si mangia in fretta, si cura se è possibile la famiglia, si passa un po’ di tempo insieme prima che si cada addormentati, sognando che venga presto il sabato.

Al sabato pomeriggio ho indirizzato tutte le mie energie e le idee: ho designato quello come momento per scrivere. Che siano romanzi o racconti, il sabato è il giorno in cui nessuno deve varcare la soglia del mio studio. Si tratta di un misero giorno alla settimana, 4 ore pomeridiane che agogno ogni volta che guardo il calendario.

Eppure non va sempre così. Qualcosa si deve sempre frapporre tra me e il sabato pomeriggio. Dio, mi chiedo, perché?

Cito qui il dilemma di Carver, un punto di riferimento per me che mi ricorda che non solo io soffro nel vedere calpestata la mia ora di paradiso…

Carver: qualcuno gli rubava sempre i suoi "sabati"

Carver: qualcuno gli rubava sempre i suoi “sabati”

«Se volevo scrivere qualcosa, e portarla a termine, e se volevo essere soddisfatto per un lavoro ultimato, dovevo dedicarmi ai racconti e alle poesie. Cose brevi: avrei potuto sedermi  e, con un po’ di fortuna, scrivere rapidamente e farcela.

 Molto presto avevo capito che mi sarebbe stato difficile scrivere un romanzo, data la mia ansiosa incapacità di concentrarmi su qualcosa per un apprezzabile periodo di tempo. Fossi stato capace di mettere insieme i miei pensieri e di concentrare le mie energie su un romanzo, dico, non mi sarei trovato comunque nella condizione di poter attendere un pagamento che, se pure fosse arrivato, sarebbe rimasto per strada per qualche anno.

Dovevo mettermi a tavolino e scrivere qualcosa da finire ora, stasera, al massimo domani sera, non più tardi, al ritorno dal lavoro e prima di smarrire l’interesse.  In quei giorni facevo sempre lavori di merda: ho lavorato in

segheria, ho fatto l’uomo delle pulizie, il fattorino, ho lavorato in una stazione di servizio, ho fatto il garzone in un magazzino: ditene un altro, l’ho fatto.

In quei giorni immaginavo che, se fossi riuscito a ritagliarmi un’ora o due al giorno solo per me, dopo il lavoro e la famiglia, sarebbe stato anche più che abbastanza. Il paradiso. Ed ero contento di avere quell’ora.  A volte, però, per una ragione o per l’altra, non riuscivo a prendermela. E allora confidavo nel sabato, benché a volte succedessero cose che mandavano a monte anche il sabato.

Così, di proposito, e per necessità, mi limitai a scrivere cose che sapevo di poter finire in una seduta, due sedute al massimo. Sto parlando delle prime stesure. Ho sempre avuto la pazienza di riscrivere. Ma in quei giorni ero addirittura felice, anzi non vedevo l’ora di riscrivere perché così avrei occupato del tempo che mi faceva piacere impegnare in quel modo. Così ero molto paziente con un testo dopo che ne avevo scritto l’inizio. Tenevo in casa le cose per molto tempo,girandoci attorno, cambiando questo, aggiungendo quello, tagliando quell’altro.

Le circostanze della mia vita sono molto diverse, ora, ora io posso scegliere di scrivere racconti e poesie. O almeno così credo.

Può darsi che non sappia ancora adattarmi a pensare nei termini di un lungo periodo di tempo da prendermi per lavorare a qualcosa, senza dovermi preoccupare che qualcuno possa sfilarmi la sedia da sotto, o che uno dei miei bambini possa mettersi a protestare perché la cena non è pronta  a sua richiesta.

Strada facendo ho però imparato alcune cose. Uno delle cose che ho imparato è che dovevo piegarmi, altrimenti mi sarei spezzato. E ho anche imparato che è possibile piegarsi e spezzarsi allo stesso tempo».

Raymond Carver, “Fires” (traduzione di Francesco Durante)

Il ferro va battuto a caldo! Per la miseria!

Il ferro va battuto a caldo! Per la miseria!

7 commenti

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    • teo il Dicembre 3, 2011 alle 7:58 am
    • Rispondi

    a te rubano il sabato e non riesci a scrivere…a me rubano il sabato e non riesco a stare dietro a casa mia…ti risparmio l’elenco di cose che avrei da fare ma hanno sempre un disperato bisogno di me…perchè senza di me l’azienda fallisce, senza di me muore qualcuno, senza di me il cliente non firma…e mi ritrovo in ufficio da solo a sistemare l’ufficio invece di sistemare casa, mentre nessuno mi caga!!! dov’è questo disperato bisogno??? inizio a sospettare che mi stiano prendendo per il culo…

    1. Il sospetto inizia a venire anche a me… 🙁

  1. Oh, ma non era il Lunedì il giorno di merda?
    Fai qualcosa che qui il lunedì si sta allargando…rischi di veder compromessa anke la domenica.
    Boia d’un Sabato…ma non era il Lunedì?
    non ci capisco più nulla, meno male che domani è domenica…o no?

    1. Il sabato è il GIORNO e dovrebbe essere sacro. Nulla di grave, ma pensare di perdere le mie poche ore per scrivere mi fa incazzare, dire a mia figlia che non posso stare con lei, ancora di più!

  2. Te lo dice uno che ha l’hobby della miniera.

  3. Come capisco…..e poi Carver è uno dei miei scrittori preferiti

    1. Dobbiamo trovare una soluzione allora 🙂

  1. […] Odio quando fattori esterni mi spingono a rinunciare alla mia isoletta, proprio come dicevo nel post sul […]

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