Aspettavo davvero con ansia questo terzo capitolo delle saghe dello Strigo. Ho conosciuto il personaggio del polacco Andrzej Sapkowski, concittadino di Roman Polanski, attraverso la rete, e non con i videogames tratti dai romanzi. Sono anni che non ho tempo di dedicarmi al mondo dei videogiochi purtroppo, e la saga di The Witcher, mi era apparsa solo occasionalmente sotto forma di pubblicità. Ero invece molto curioso di leggere di Geralt di Rivia, dopo alcuni articoli letti in giro per il web. In quel periodo stava per uscire per l’editrice Nord, Il Guardiano degli Innocenti (Ostatnie życzenie), antologia risalente al 1993 e contenente 7 racconti sulle gesta dello Strigo. Non mi è ben chiaro perché la casa editrice ha scelto questo per primo, essendo in realtà successivo a La Spada del Destino, libro fatto uscire in Italia l’anno dopo, ma i misteri del nostro paese sono quasi più oscuri di quelli che si trova ad affrontare Geralt.
Partiamo con una piccola premessa, tanto per conoscere questo personaggio, il suo mondo e un po’ dello scrittore. Geralt di Rivia è uno Strigo, un mutante creato per combattere e sterminare i mostri, creature estrapolate dal folklore dell’Est Europeo e riportate in questo mondo fantasy parallelo al nostro. Ho parlato di fantasy, ma non nel senso classico. Abbiamo sì nani, elfi, umani, stregoni, maghi e mostri, però Sapkowski ci presenta un mondo che va fuori dagli schemi del semplice eroismo cavalleresco intriso di buono sentimenti, e di malvagi contro cuori puri. Le terre in cui viaggia Geralt, sono sporche, corrotte e la gente è stupida e ignorante, nonché violenta. In mezzo a queste comunità che ricordano veramente quelle del medioevo, la fanno da padrone le caste più forti, quelle di chi ha poteri magici o di chi sa uccidere più alla svelta. Non aspettiamoci quindi che Geralt arrivi in città e per buon cuore uccida il mostro. Lo Strigo lavora solo se pagato, capiamoci subito, e non etichettiamolo come buono o come cattivo. Lo Strigo è uno strigo. Punto.
Devo dire che nel primo volume di cui vi ho parlato, ho trovato dei racconti ben scritti e che ti tengono attaccato, perché solo alla fine, troveremo la conclusione del primo racconto. Una tecnica che ho visto usare dallo scrittore anche ne La Spada del Destino, e che non mi dispiace. In pratica il primo racconto si riallaccia all’ultimo, mentre quelli in mezzo servono da ponte, aiutandoci a capire meglio alcuni particolari. Conosciamo quindi Ranuncolo il bardo donnaiolo, Yennefer la maga amata da Geralt con cui ha un rapporto conflittuale e altri personaggi minori e alcuni ricorrenti.
Riguardo a La Spada del Destino, posso dire che è stata una conferma della bravura dello scrittore polacco ed è importante leggerlo prima di arrivare a Il Sangue degli Elfi, primo volume della saga vera e propria. L’importanza è riposta in un personaggio, Ciri, una bambina salvata da Geralt, che sarà il perno centrale su cui ruota appunto la saga. Anche ne La Spada del Destino, abbiamo un racconto che apre, alcuni che fanno da tramite e uno conclusivo. L’ho letto in pochi giorni, ritrovando gli stessi elementi dell’antologia precedente, tra orrore, violenza e anche humor nero. Un buon lavoro insomma.
Per questi motivi mi aspettavo molto da Il Sangue degli Elfi, e quando lo avuto tra le mani mi ci sono buttato a capofitto, iniziando a leggerlo subito. Purtroppo è stata una delusione. All’interno, invece di capitoli veri e propri, ho trovato una struttura fatta da racconti medio-lunghi, e questo mi potrebbe anche piacere, adattandosi benissimo ai libri precedenti. Quello che non funziona è lo stile. C’è qualcosa di strano in questo lavoro dello scrittore, quasi un’opera annoiata e fatta per annoiare, con dialoghi lunghi e annacquati, tanto che danno l’impressione di essere stati buttati lì tanto per allungare il brodo. L’umorismo è quasi assente. Le azioni di Geralt si contano su una mano, forse meno. Si perde tutto il senso di quello che si conosce di Geralt, tanto che sembra un personaggio completamente diverso. E non solo lui, anche Yennefer è irriconoscibile nelle vesti di mammina e tutrice di Ciri. La fredda maga che diventa amichetta della bimba è ridicola. Ho avuto l’impressione che non fosse Sapkowski a scrivere questo libro, ma un ghostwriter di 15 anni.
Se devo consigliarvi qualcosa, mi sento di indicarvi Il Guardiano degli Innocenti, poi eventualmente di valutare La Spada del Destino. Solo dopo queste letture, decidete se affrontare questo primo capitolo di una saga che non so se continuerò a leggere. Un’occasione davvero sprecata.
8 commenti
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ma hanno tradotto dandelion:ranuncolo???? terribbile, lasciarlo dandelion (anche se in realtà è il nome di un fiore) no?? bella recensione, se ti capiterà prendi il videogioco che è spettacolare!
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In realtà hanno ragione i traduttori, in quanto lo scrittore ha preteso che le traduzioni fossero fatte direttamente dal polacco all’italiano, senza passare per altre lingue. Per cui Ranuncolo, nome originale di cui non conosco la versione in polacco, è più fedele che Dandelion, traduzione inglese del Dente di Leone, nonché tarassaco (il piscialetto per intenderci), peraltro sbagliata.
Sto attendendo il gioco per xbox 360, di cui è uscito il trailer da pochissimo tempo 😀
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Sono tentato, davvero. Però dovrei sacrificare le ore di sonno per infilarci anche quello 🙂
Ore di sonno? che cosa sono? ahahha
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Quelle volte in cui perdiamo conoscenza 😀
Caspiterina! ne sai una piu del diabeł
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Tampinavo da tempo il polacco 😀