Guardavo le onde in questi giorni. A Fano, mancando gli scogli frangiflutti, le onde sono più importanti rispetto a quelle di Gabicce. Arrivano a riva già stanche, ma a metà della zona balneabile, toccano il ventre dei bagnanti. Onde leggere rispetto a quelle dei film di surfisti, però dal fascino unico. Di primo acchito, mi sono messo a osservare la cresta che mi ricordava davvero i cavalli bianchi evocati dalla magia di Glorfindel nel Signore degli Anelli, poi mi sono lasciato un attimo trasportare dalle onde, isolandomi. Mi è venuta in mente questa canzone:
Ogni volta che vado al mare in verità me la sento nella testa, ricordi di adolescenza, di un’estate del ’94, quando ancora pensavo di poter fare qualcosa con la mia voce. Non era come oggi l’estate, umida, sporca e deprimente. L’aria era diversa, pensateci bene. Alle tre del pomeriggio prendevo la bici e andavo in piscina tranquillamente. Se lo facessi oggi, suderei solo nel prendere la bicicletta. Lo spirito di quegli anni era diverso come lo era l’estate. Ero un alieno, ma non me ne curavo. Leggevo di questo tizio, Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam, band arrivata in Italia insieme a tutto il movimento scatenato dai Nirvana. Talenti diversi, pubblico minore qui da noi, i Pearl Jam li ho amati subito, i Nirvana no. Eddie, come tutti i vip made in Usa, aveva un passato da benzinaio a San Diego e per un colpo di fortuna misto a talento, era stato ingaggiato dagli ex Mother Love Bone, pronti a firmare il loro primo contratto. Mancava solo la sua voce per finire il disco e diventare multimilionari, far divertire i ragazzini come me, e farci sognare, facendoci anche credere che con un po’ di magia, musica e i sogni nel cassetto, avremmo lasciato anche noi i nostri posti di lavoro ingrati.
Oggi, dopo quasi 20 anni, Eddie Vedder sputa fuori album come Ukulele Song. Non è tornato a fare il benzinaio e riempie ancora gli stadi con i Pearl Jam. Io che sono della generazione successiva alla sua, quella che avrebbe dovuto succedergli, lo ascolto ancora, ma non canto più da un pezzo. E l’american dream mi sembra sempre più da leggenda metropolitana.
2 commenti
Eddie e i Pearl jam sono un’icona, un marchio di una e più generazioni che hanno ascoltato e sognato insieme alla loro musica.
E poi, come si fa a non farseli venire in mente davanti ad uno spettacolo come quello da te citato?
A quando il trasferimento in riviera? 😛
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Magari Paolo, magari! E lo sai quanto vorrei poterlo fare 🙂