L’Anno dei Dodici Inverni (Tullio Avoledo)

Scoperto grazie ad Alex di Plutonia Experiment, il romanzo di Avoledo è uno di quelli che non vorresti mai appoggiare sul comodino, e rimandarne la lettura. Strutturato nel modo che amo di più, con capitoli brevi a ciliegia, scorre via, obbligandoti ad andare avanti, avanti e ancora avanti.
Il libro è suddiviso in 3 macro parti: la prima segue le vicende della famiglia Grandi, inframezzate dai pensieri in prima persona di un personaggio che ancora non conosciamo, la seconda è incentrata sulle due donne di casa Grandi, Esther e la figlia Chiara, ancora una volta alternate dalla voce di questo personaggio. La parte finale invece, si concentra più su di lui, su questo misterioso personaggio di cui pian piano iniziamo a capire, grazie alla sua voce, di chi si tratta.

La trama in breve

La copertina

Inverno 1982, un anziano scrittore e giornalista, Emanuele Libonati, visita la famiglia Grandi, giovane coppia a cui è appena nata una bambina di nome Chiara. Il suo scopo, è scrivere un libro sui bambini nati il 25 dicembre, e Chiara è tra questi. Promette alla famiglia, che tornerà una volta all’anno per prendere appunti sulla crescita della bambina, che si andranno poi a sommare alle vicende degli altri per formare questo libro.
In realtà Libonati è lì per altro, e sembra conoscere molto bene la famiglia e il loro futuro. Da buon amico, come un protettore, cercherà di instradarli e consigliarli su alcune scelte. Ma chi è in realtà quest’uomo?
In seguito, avremo modo di scoprirlo, e di comprendere gli intrecci di questa tela, fatta di fantastico, dolore e una punta di fantascienza.

Considerazioni

L’autore

Come già detto in precedenza, il romanzo cattura subito e si ha voglia di continuare e non smettere mai. Lo stile di Avoledo è superbo, con descrizioni attente e mai pesanti, con dialoghi realistici che ci danno l’impressione di sentire le voci dei personaggi.
L’alternarsi dei punti di vista dei vari capitoli, è incastrato a meraviglia, e ci aiuta come in un puzzle a rimettere insieme i frammenti di questa vicenda.
Tutta la storia fila via e, nonostante i paradossi spazio-temporali, il lettore non può perdersi se non nelle vicende. Vedrete alla fine, che tutti i pezzi vanno al loro posto, seguendo le logiche dei paradossi sopracitati.
L’unico punto che mi ha spiazzato un po’, ma solo all’inizio, è stato quello del visionario futuro del 2028, omaggio, da quello che ho intuito io, al lavoro di Dick.
Un libro da leggere, da non lasciarsi scappare, sia da chi ama la fantascienza, sia da chi ama le storie di disperazione e coraggio, di personaggi che vogliono rimettere a posto le loro vite e quelle di chi hanno amato.
Consigliatissimo.

2 commenti

  1. Concordo con tutto.
    Io ne parlai QUI, e tuttora è uno dei miei Avoledo preferiti… se non l’hai ancora letto, recupera immediatamente Lo Stato dell’Unione. 😉

    1. Grazie della dritta 😀 Segno immediatamente!

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