Effetto Velma Dinkley

Ho iniziato l’anno con un libro di Raymond Carver, Il Mestiere di Scrivere, uno di quei saggi sulla scrittura in cui si parla prevalentemente della vita dell’autore e di come affrontava lui lo scrivere. Molto utile come il precedente che ho letto, e di cui ho parlato QUI, cita spesso e volentieri anche John Gardner, l’altro maestro di scrittura che seguo da anni, e che leggo ogni volta che riesco a recuperare qualche suo lavoro.
C’è soprattutto una riflessione in una pagina, riguardo all’onestà dello scrittore verso il lettore, che mi è piaciuta e vi riporto qui sotto:

[…] Gardner si chiedeva ad alta voce come mai, per esempio, l’autore aveva voluto scrivere un racconto che parlava di uno storpio omettendo fino alla fine di informare il lettore sulla deformità del personaggio. «Lei è convinto insomma che sia una buona idea non far sapere al lettore, fino all’ultima frase, che questo personaggio è uno storpio?» Il tono di voce esprimeva tutta la sua contrarietà, e bastava per far capire a tutti i presenti, compreso l’autore del racconto che quella non era una buona strategia narrativa. Qualsiasi strategia che sottraesse al lettore delle informazioni importanti e necessarie nella speranza di prenderlo di sorpresa alla fine della storia era considerato un inganno. (da Il Mestiere di Scrivere- R. Carver)

John Gardner, maestro di Carver

John Gardner, maestro di Carver

 

Diciamo che conferma un po’ quella cosa che sostengo io ormai da tempo, che non si deve nascondere nulla al lettore per sentirsi più furbi e averlo ingannato. Sarebbe l’effetto che ci fanno da bambini gli episodi di Scooby Doo. Per tutta la durata del cartone, non vediamo minimamente una traccia che ci porti alle conclusioni finali di Velma. Tutto si risolve con una maschera strappata e la signorina in questione che ci racconta cose che non abbiamo visto.
Un trucco che forse da bambini apprezzavamo, o a cui non facevamo caso. Ancora oggi, credo invece che un lavoro riuscito, sia quello che dà la possibilità al lettore di scoprire il mistero prima della fine, potendo contare su elementi onesti e visibili che lo integrino nella storia. Non è un buon lavoro se ho fatto di tutto per depistare chi mi legge. Ricordo di aver visto un episodio autoironico, in cui addirittura il colpevole non si era mai visto per tutto il tempo, e la stessa Velma rimaneva lì di sasso. Una bella autocritica, non c’è che dire.
Mi viene in mente un film, Il Sesto Senso, difficile da indovinarne il finale prematuramente, ma in cui alcuni elementi suggerirebbero di analizzare meglio la figura del dottor Crowe. A posteriori, ci si rende conto di aver avuto tutto gli indizi davanti agli occhi. Questo ritengo sia un buon risultato.

Fino alla fine, non sapremo mai se ha trovato qualcosa di utile in quel libro

Fino alla fine, non sapremo mai se ha trovato qualcosa di utile in quel libro

Sarà mia premura fare in modo, fra qualche mese in fase di revisione, di essere sicuro che ne Il Nodo della Strega che sto ultimando in questi giorni, sia possibile intuire, scoprire, fare congetture già dopo pochi capitoli, per fare in modo che il lettore possa sentirsi coinvolto e non ingannato. Come dico io, non amo nascondere la polvere sotto il tappeto. Ripeto, preferisco che venga intuito qualcosa presto, piuttosto di avere l’effetto Velma.

4 commenti

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  1. Il narratore inaffidabile è OK, lo scrittore inaffidabile no 🙂
    Se vuoi fare scherzi al lettore il testo dev’essere in prima persona…

    1. Anche questo è vero. Ma il narratore in prima persona non può nascondere le proprie congetture o ciò che vede, ricordandosi sul finale che aveva visto una cosa ma non l’aveva detta 😀

  2. Senza dubbio il lettore non va mai preso in giro:-)

    1. L’onestà e la complicità tra lettore e autore è indispensabile,

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