Prima o poi questa ricetta doveva finire qui sul blog, a beneficio soprattutto dei lettori che vivono al di fuori dell’Emilia Romagna. Parto subito da un appunto, leggendo un po’ sulla Rete la differenza tra tortellino e cappelletto. Il primo, a forma di ombelico, viene attribuito alle provincie di Modena e Bologna, mentre il secondo viene indicato come specialità romagnola. In realtà, la differenza sta nella forma, ma qui a Modena si mangiano entrambe le versioni, senza problemi di provenienza o attribuzione.
Ebbene, questa pasta che fino a qualche generazione fa veniva preparata in casa, finirà per sparire, impegnativa da preparare e ormai mancante di un adeguato passaggio di testimone. Ci si dovrà per cui accontentare di andare in una delle botteghe di pasta fresca, o peggio, di mangiare quelli del banco frigo, dall’insano colore plastificato.
Dal canto mio, sono un cliente difficile, in quanto uno degli ingredienti principali è il Parmigiano, che essendo un formaggio deve stare lontano dalla mia persona, in quanto intollerante ai latticini. Fortunatamente però, qualche anima pia ha la pazienza di prepararmene un vassoio dedicato, almeno una volta all’anno. Grazie Ester!
Ingredienti
Ripieno:
- Macinato di maiale
- Macinato di vitello
- Salsiccia
- Prosciutto crudo
- Mortadella
- Uovo
- Parmigiano
- Pane grattugiato
C’è anche chi mette la noce moscata, per dire, o chi come mia madre, non metteva la salsiccia. Riguardo alla pasta invece, se proprio volete cimentarvi, vi basterà della farina e delle uova. Le proporzioni, tradizionalmente, si facevano a occhio con le uova. Si usava dire “Ho fatto 10 uova di pasta”, e io non saprei dirvi a quanti tortellini corrispondessero.
Come servire
Principalmente, il tortellino va servito in brodo, il brodo buono, come diciamo qui, fatto con carne di manzo e gallina, anche se alcuni usano quello più grasso di cappone. Ci sono anche zone in cui usano servire con poco brodo per poi aggiungere Lambrusco. Io la trovo un’usanza un po’ estrema però.
Negli anni, al tradizionale brodo, è stata affiancata anche la ricetta con la panna, per cui non è difficile trovare ristoranti emiliani che ve li servono asciutti con panna. Il trucco è tenere sempre un punto di cottura ottimale, in modo tale che la pasta rimanga soda e al dente.
Comunque sia, se proprio non avete una signora di una volta, la cosiddetta rezdora che ve li prepara, affidatevi a un pasta fresca piuttosto che mangiare quelli confezionati. Almeno se non avete mangiato almeno una volta quelli fatti a mano e in casa.
8 commenti
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Io sono per il tortellino, ne agnolotto e neppure cappelletto… è una delle paste fresche che preferisco.
Autore
Io non posso mangiarne sempre e ovunque. Devono farmeli ad hoc sennò son rovinato 🙁
Io la sapevo in modo diverso la differenza tra cappelletto e tortellino.
Il cappelletto romagnolo è ripieno di formaggi molli (tipo ricotta e squacquerone).
Il tortellino, con carne e circa stessa chiusura (che come il “pisto” è diverso da razdora a razdora), si chiama così a Modena, Bologna e in Romagna (dove non è specialità), mentre è chiamato cappelletto nel ferrarese, bassa modenese, Carpi e Reggio Emilia.
Cambia il nome, ma parliamo sempre di roba buona! 🙂
Autore
La chiusura è determinante, perché il cappelletto ha la forma di un cappello (del prete, dicono), mentre il tortellino ha quella di ombelico, ed è diversa.
Mia nonna (e quindi la sua discendenza) però li chiude a ombelico (circa), ma li ha sempre chiamati cappelletti….
Autore
È lo stesso discorso della tigella e della crescentina: noi continuiamo a chiamarla tigella, anche se il suo nome è crescentina. Il tortellino è quello a ombelico, il cappelletto è simile ma non uguale.
Commento eretico.
Per fare prima, e anche perchè ho le manone grosse, li faccio nello stampo dei raviolini…oppure li faccio chiudere dalla moglie
Autore
In effetti il problema della chiusura non è solo tuo 😀