Dirò cose non nuove per chi mi segue da un po’, ma per chi lo fa da poco può non saperlo. Da piccolo avevo la passione per il disegno. Ma anche per la musica. Ma anche per la lettura. Ma anche per tirare i calci alla palla. Ma anche inventare storie con i Playmobil e Big Jim. Vivevo in una casa isolata, fuori paese, quindi era difficile che avessi amico con cui trovarmi tutti i giorni. E mi piaceva il cinema.
Ho imparato a godermi la solitudine, ed è logico che passioni come tirare calci alla palla diventassero un po’… ripetitive. Questo finché non sono cresciuto abbastanza da inforcare una bicicletta e raggiungere altra gente per cercare di tenere la palla e infilarla in rete, prima che gli altri me la prendessero.
Ma la cosa mi appagava poco, e pian piano ho smesso, credo intorno ai 18 anni, di andare a giocare, anche se ho passato intere estati al bordo del campo di calcetto in piscina in attesa di essere scelto da chi organizzava le formazioni. A dire il vero a bordo campo ci passavo poco tempo, perché un po’ mi ero fatto conoscere e mi chiamavano sempre. Ero un bastardo da sotto porta e un portiere alla Higuita.
Come dicevo, però, il calcio non era per me e quindi se n’è andato per la sua strada e io per la mia.
Poi c’era il disegno. Mi piaceva disegnare, leggere fumetti e farne di miei. Avevo una mano adatta? Non lo so, forse no. Avrei voluto fare di più, ma altre cose mi chiamavano. Eppure, ancora oggi la matita la prendo in mano a volte, e abbozzo qualcosa.
E la musica? Sono quasi totalmente incapace di ricordarmi sequenze, quindi impossibilitato a ricordare note e musica su una tastiera, che sia quella di un pianoforte o quella di una chitarra. Facevo fatica a ricordare una combo a Tekken, figuriamoci uno spartito. Però ho sempre avuto memoria per le parole, anche in inglese. Cosa potevo fare se non tentare di cantare, visto che ricordavo i testi più velocemente di altri? L’avventura è andata avanti per un po’, anche se essendo perennemente raffreddato sono poco adatto a fare il cantate. Messa in un angolo anche lei, cosa posso farci?
Poi ci sono stati i giochi di ruolo, per tanti anni, quasi 20, forse più. Regolari, come una seconda vita. Ma la gente si divide, le compagnie cambiano, il tempo e le energie sono sempre meno. Qualcosa va sacrificato, no?
Quella però che ho sempre tenuto vicino, fin da bambino, era quella di inventare, raccontare, scrivere storie. L’ho detto mille volte: ero piccolo quando decisi che sarei diventato uno scrittore. Oggi, dopo 30 anni, forse non lo sono o forse sì. Il mondo è così strano che dubita di tutto ciò che non sia un lavoro con cartellino o che sia dietro la vetrina di un’attività. Se hai una macelleria, nessuno ti dirà che non sei un macellaio.
E io scrivo, scrivo ogni giorno, come leggo ogni giorno. Non so cos’è questo, ma si avvicina molto all’idea che avevo da piccolo.
Ecco, io le passioni non le abbandono solo perché non mi hanno fatto arrivare a Hollywood, o perché non sono diventato famoso come Stephen King (così sono sicuro che riconoscerete tutti l’autore), devo solo dare delle priorità. Credo che sia molto sciocco smettere di scrivere e dire: “Tanto non conta niente!” e sfottere chi lo fa ancora.
Quando scrivevate, lo facevate con passione o per un tornaconto[1]? Volevate essere musicisti o vi piaceva solo l’idea di essere una rockstar? E quei calci al pallone, li davate solo per diventare un Pallone D’Oro con l’auto sportiva e la velina come ragazza o perché vi faceva star bene?
Io, quelli che lasciano le passioni perché non hanno fatto il botto che li ha portati alla fama, non li capisco.
Posso essere sincero? Io:
- Se trovassi due pazzi per fare qualche jam session, due cantate le farei
- Se trovassi l’equilibrio tornerei a giocare di ruolo, se questo non togliesse tempo alla scrittura
- Una macchina da presa? Un corto lo girerei volentieri.
Perché io queste cose le facevo con passione…
[1] Fermi tutti! Tornaconto lo intendo riguardo alla FAMA. Quello che sto scrivendo e vendendo è fatto con un minimo di professionalità, e certe cose non possono essere regalate. La FAMA non c’entra con quello che faccio io, e la FAMA non è tra le mie priorità.
7 commenti
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bei tempi quelli di D&D 😉 purtroppo tra lavoro e impegni vari si ha il tempo si è no di guardare un film alla sera o di leggere 2 pagine prima di addormentarsi.
“Il mondo è così strano che dubita di tutto ciò che non sia un lavoro con cartellino o che sia dietro la vetrina di un’attività.” credo che mi farò fare una maglietta con questa scritta 🙂 anche se, per farti un esempio banale, se dovessi scegliere un fotografo per un servizio importante andrei di sicuro da un professionista che, anche se non ha uno studio, almeno mi fa vedere e toccare con mano i suoi lavori senza dirmi “guarda sul mio profilo FB e dimmi se ti piacciono le mie foto”…questa è la categoria da te citata che se non sfonda come fotografo (o photographer che fa più figo), smettono e si dedicano a qualche altra attività per sentirsi qualcuno e ricevere dei like su FB o essere idolatrato da 4 cagne ignoranti che cercano anche loro visibilità.
dopo questo papiro, concludo dicendoti che se ti va di fare un corto, io ci sono 😉
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Certo, anche perché quei fotografi se non diventano famosi (e non hanno fatto un cazzo per diventare bravi se non giocare al fotografo) smollano tutto e vendono la macchinetta su e-bay
😀
P.S. un corto lo farò prima o poi, quando avrò tempo ed energie per scrivere una sceneggiatura.
lo stesso vale per i dj, fanno tanto i grossi mettendo come lavoro dj o addirittura cambiando il proprio nome e poi mettono musica (e non suonano porco cazzo!!!) col PC…non pretendo i vinili ma nemmeno i cd?
e questa è una delle tante, svariate nonchè fantasiose categorie di lavori che la gente si inventa per la ricerca di notorietà, visibilità, non so perchè…perchè uno che si definisce “buskers” fa roteare 3 palline, va in giro in Mercedes, ha la villa al mare e si veste da Armani?
per il corto, sceneggiatura horror mi raccomando 😉 io ci sto solo se non muoio nella prima scena ahahah
Autore
Le sigle e gli atteggiamenti valgono più dell’attività stessa. Ci sono scrittori che si mettono scrittore come cognome, si fanno fare le foto in posa da un fotografo (in bianco e nero, con il chiaroscuro) e spendono più tempo a parlare di scrittura che a scrivere.
Per il corto: tutti muoiono nei primi cinque minuti.
“eh lo fanno lo fanno” cit. 😀
almeno non farmi morire male 😉
Sempre belli, i tuoi pezzi; ma questo ha davvero quel “qualcosa” in più. Bravo.
Autore
Thanx! E poi, è la verità 😉