Colpire il lettore al cuore

Si parla spesso con amici di cosa faremmo un giorno, quando ci accorgeremmo che i generi che amiamo scrivere non tirano più. Oddio, non che godano proprio di questa grande salute, qui nel paese degli spaghetti, ma ancora oggi qualche horror si riesce a venderlo, soprattutto ai lettori forti che hanno voglia di cambiare musica o che ormai ti conoscono, e sanno come scrivi.

libri-san-valentino

Diciamo che se dovessi mollare del tutto l’horror, dovrei cercare un genere che almeno venda bene, sennò, che senso avrebbe ripartire su un altro filone moribondo?

Ciò che vende, ed è anche ciò che più apprezzato, è però quasi uno stile di scrittura, più che il genere, sembra a me. Intendo dire che c’è un ingrediente specifico affinché un libro possa piacere alla gente. Premetto che è una mia teoria, una mia impressione, quindi non è un assoluto.
L’ingrediente segreto è: una prosa che parli al cuore e all’anima del lettore.

Ecco, io lo so che sembra banale, e a me fa parecchio sorridere, anche per come l’ho messa giù. Se ci pensate, però, è così. Funziona l’autore che ha uno stile che si sofferma con parole ricercate[1], su immagini drammatiche e melodrammatiche, di azioni teatrali. Quella poetica[2] incantevole e che incanta di autori nostrani, ma anche di quegli autori di romanzi romance. La troviamo comunque anche negli altri generi, sia ben chiaro, non sono qui a definire un genere e un pubblico. Il discorso è generale.

Ed ecco che parlando con il mio amico Alex di Plutonia Experiment, ho ammesso che forse non riuscirei mai a scrivere roba del tipo:

“i suoi occhi erano un pozzo profondo in cui la mia anima si inabissava”

Lo so, è orribile, e so anche che quelli bravi bravi scriverebbero meglio e forse non una cosa del genere, ma lo considero un esempio di quello che intendevo poco sopra.

Questo è il pubblico che immagino io

Questo è il pubblico che immagino io

Mi rendo conto ogni volta che capita di parlare di questo argomento che è più forte di me. Io non voglio incantare il lettore, stregarlo con le parole, distrarlo con immagini luccicanti, io voglio prenderlo, accendere un cazzo di falò, mettermi lì con lui, accendere un sigaro e dire:

«Oh, la vuoi sentire questa storia?»

E da lì, partire a raccontare, cercando di tenerlo attivo per qualche ora, senza rischiare di farlo sbadigliare mentre descrivo una credenza o i sentimenti di due persone ogni tre minuti.
Limite mio? Non lo so, sarà per questo che amo leggere autori da falò.

[1] Termini non di uso comune, che affascinano il lettore. E il lettore spesso pensa pure che non ha capito un cazzo, quindi per forza deve essere bello

[2] Non tutti la definirebbero così

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.