13 Assassini

L'originale Takashi: folle e talentuoso quanto basta

Takashi Miike è un regista molto particolare, uno di quelli che fa un po’ quello che gli gira, spaziando dall’horror al film di samurai, passando per serie ispirate a videogame o manga/OAV. È inoltre uno dei registi più ammirati da Tarantino, che si è ispirato a lui più volte.

Non ho visto molto dei suoi lavori, evitando accuratamente Dead or Alive e la sua serie. Molti dei suoi film, forse quasi tutti, passano direttamente in Home Video nel mercato italiano.

Uno di quelli che ho visto, Sukiyaki Western Django, mi ha sorpreso notevolmente, ma è stato passato per caso sul canale Cult di Sky. Lo vidi così per caso una notte, colto da insonnia, forse attratto da Tarantino che interpretava il narratore. Un film chiaramente ispirato a “La Sfida del Samurai” di Kurosawa e automaticamente a “Per un Pugno di Dollari” di Leone. Il risultato è divertente e crudo allo stesso tempo. La sfida tra pistoleri e samurai.

Massacro totale sminuisce il film. Ce lo abbiamo messo noi in Italia?

13 Assassini è anche lui un remake di un film che non ho visto, ma definito un classico del cinema nipponico. Molti hanno considerato questo lavoro del regista una sfida e una follia, perché riproporre un film di samurai ai nostri tempi, soprattutto di stampo classico, è un rischio persino in patria.

Onestamente il prodotto che ne risulta è difficile da apprezzare per un pubblico abituato alle produzioni hollywoodiane, essendo un giusto mix di trama strutturata e azione. Insomma ci troviamo davanti a un film bilanciato, in cui non ci sono solo tagli di spada a ripetizione e combattimenti gratuiti, ma una sceneggiatura ottima, scenografie ottime e pianificazione del plot centrale che si esaurirà nel finale, il tutto intramezzato da combattimenti veloci e puliti. Se vi chiederete come possono tredici uomini affrontare un numero spropositato di avversari, rimarrete piacevolmente sorpresi dalle spiegazioni per una volta logiche, una delle quali è che un samurai è un samurai, un uomo con una spada senza addestramento non può tenergli testa. Ma il tutto non si ferma qui.

Parliamo per un attimo della trama, cercando di non esagerare con gli spoiler perché sarebbe un vero peccato. Ammetto che scrivere i nomi e cercare di recuperarli sarebbe un’impresa e alla fine credo che nessuno se li ricorderebbe. Questa può essere una pecca di questo genere di film, almeno per il mercato occidentale, anche se alla fine non compromette la visione e l’apprezzamento del prodotto.

Il periodo è il Tokugawa, una delle età oscure del feudalesimo giapponese, situato a metà dell’800. Il fratello dello Shogun, prepotente e folle, semina violenza, mutilazioni e massacri gratuiti solo per il piacere personale e per mostrare di avere il polso da futuro comandante. Sadico e freddo, gode solo nel vedere i servi morire nei modi più crudeli. Il suo seguito tace in silenzio, essendo legati al giuramento d’onore dei samurai.

Il ciambellano dello Shogun però, avendo la responsabilità di curare gli interessi del suo signore, non tollera più il comportamento del fratello. Chiama un maestro di spade e gli affida il compito di radunare in breve tempo un manipolo di uomini fidati e preparati, per assassinare il despota, mostrandogli con un esempio pratico di cosa è capace quell’uomo: una donna mutilata lasciata in vita per capriccio, a cui è stata tagliata persino la lingua.

Il maestro di spade accetta e raccoglie undici spade perfette, tra cui anche un suo allievo divenuto ronin e suo nipote, di grande talento e preparazione ma ostile alla vita del samurai.

Un'immagine suggestiva, forse una di quelle che preferisco: nebbia e l'attesa

Pronti a partire, ricevono la visita inaspettata del comandante delle guardie del tiranno, compagno di vecchia data del vecchio maestro. Tra i due nasce una sfida d’onore: il comandante salverà la vita al suo signore, il maestro di spade gliela toglierà.

Dopo una attesa di tre giorni, gli uomini partono ma arrivati al primo villaggio trovano una banda di ronin prezzolati che cerca di fermarli. Sgominati senza difficoltà, gli assassini prendono la via del bosco per evitare la strada e sorprendere il nemico. Qui incontreranno il 13° uomo, un tipo davvero curioso imprigionato dentro una trappola per animali. Ricordatevi questo particolare e la prima domanda che gli viene posta. Costui sarà la sorpresa del film.

Il film prosegue senza cadute, preciso come il filo di una spada giapponese e arriva al climax nel villaggio previsto per l’assalto finale. Qui non vi anticipo nulla, deve essere visto.

Una delle note positive del film che tengo a sottolineare, è l’eleganza con cui Miike riprende e dirige i combattimenti: nessuna scena di sangue gratuita, molte vengono fatte intuire con i suoni senza inquadrature splatter che in questo genere di film sarebbe stata fuori luogo. Il suono del tantō che lacera la carne nel rituale dell’harakiri, basta a far rabbrividire e a trasmettere le giuste emozioni.

Una notevole maestria nel dirigere i combattimenti. Niente squartamenti, tante immagini e suoni.

2 commenti

  1. Devo vederlo!

  2. Devi! 🙂

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