Forse penso troppo. Badate, non sto dicendo che pensare=ragionare e soprattutto nella maniera giusta. Dico solo che penso troppo quando devo scrivere qualcosa, e questo magari mi porta a complicare il racconto, romanzo o articolo che sia, aggrovigliando le idee. Per fare un esempio, se metto un personaggio che i protagonisti incontrano, mi pongo fin troppe domande su di esso, per poter poi dare risposte esaustive a chi mi chiedesse qualche particolare in più su quello che potrebbe anche essere solo una comparsa. Non so perché, la mia testa fa così e punto.
Mi sono trovato di fronte a un caso che mi ha sinceramente fatto ragionare se prestare maggiore attenzione a quello che riporto su carta, e a cercare di essere più lineare e in un certo senso più interpretabile. Qualcuno mi disse che ciò che era palese per me, non doveva per forza esserlo per gli altri.
Probabilmente scrivendo quel racconto, ho peccato di Hýbris, ideando un sottile sottointeso o sottotesto che si voglia dire. La banalità di un attacco, assalto, rissa, aggressione o altro di simile, mi sembrava fuori luogo. Sono sinceramente stanco solo al pensiero di scioccare i lettore con sangue, schizzi e lacerazioni gratuite, altresì con frasi auliche che attraggano chi mi legge per fargli dire: «Oh, che frase ben costruita, che forma elegante!»
Mi sono sempre detto, un io narrante che parla in quel modo ha dei seri problemi.
Va bene, chiudo la polemica e proseguo, anche se di polemica non si trattava.
Il nodo l’ho trovato con un racconto veramente breve che ho scritto per un concorso. Doveva avere un elemento horror e le parole contate. Ho avuto qualche reazione positiva, tant’è che sono felice di essere stato chiaro e che molti abbiano colto in realtà quello che era il cuore dell’episodio, e chi in realtà rappresentava l’orrore. Ma c’è stato anche chi si è soffermato alla superficie dell’acqua e non ha guardato sotto. Un po’ come ascoltare una canzone e non capirne le parole, limitandosi all’impatto del motivetto. Non vi dirò quale fosse il vero cuore della scena, sta a voi trovarlo.
Ora, senza sembrare spocchioso, mi aspetterei una maggiore cura da chi scrive come me per diletto ed è ancora alle prime armi, perché si rischia davvero di diventare solo dei lettori di parole e trascrittori di frasi.
E poi stiamo lì a rompere i coglioni con lo “Show don’t tell e il POV”…
Ditemi la vostra.
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Dico che se è il racconto breve che ho letto, rinnovo che mi è piaciuto e mi è piaciuto anche per quello che cercavi di trasmettere, al di là di ambientazione e genere di appartenenza. 🙂
Gianluca, sei sempre gentile. Grazie davvero. Comunque sì, è quello che hai letto. Tu cosa ne pensi, la stratificazione in generale è efficace, o è meglio guardare alla forma elegante, ma ahimè a volte troppo aulica? Io l’ho già detto, miro a diventare il Guy Ritchie della scrittura 🙂
Credo che le frasi a effetto, quelle che esprimono immagini in qualche modo forti, che servono a far passare un certo messaggio al lettore, devono essere usate con parsimonia, proprio perché sanno comunque di “artificioso” agli occhi del lettore. Meglio poche ma talmente buone da “incantare” il lettore senza fargli stonare la cosa, piuttosto che scrivere completamente con uno stile del genere. 🙂
In effetti ognuno di noi può usare una o due frasi, almeno nei propri pensieri, a livelli da film di bassa qualità. Poi di solito anche quando ne scrivo, il protagonista tende a prendersi in giro da solo, se è narrato in prima persona. Sarò crudo e grezzo a volte, ma vorrei che i personaggi fossero reali e lo scritto veloce, scorrevole e un po’ bastardo. Penso che io e te andremo sempre d’accordo 🙂
Non ho letto le critiche negative, quindi non le commento.
Però a me quel racconto è piaciuto, tanto.
E ti dirò di più, fino ad un certo punto l’ho sottovalutato, perchè sembrava non avrebbe condotto da nessuna parte. E poi con una frase, quasi buttata lì, quasi come se ti fossi interrotto senza finirla, mi sono quasi commossa. Quindi per me questo è un racconto ancor più riuscito. Non ho capito bene cosa ti abbiano recriminato, ma sarebbe strano non ricevere anche critiche… se poi non sono costruttive, peggio per chi le ha fatte, non per te di certo 😉
Ma in fondo non erano critiche negative, solo letture superficiali a mio giudizio. Molti hanno colto dove fosse l’orrore in quel racconto, mentre qualcuno ha visto solo gli zombie (pericolosi come Pringles alla fine) nel contesto. Il sotto testo è invece un altro 🙂
P.s. la frase che intendo è quella conclusiva, e se non è lì il punto, beh a me è quello che piace 🙂
La parte finale è il culmine dell’orrore…
Perchè c’è il tuo cervello nello zaino? O quello di Sloth? 😀
Più o meno
[…] Capitan Sottotesto è quello forse che è stato equivocato e ha generato uno strano senso di polemica. Invece, e forse è proprio il sottotesto del sottotesto, non stavo affatto polemizzando, anzi, ma solo ponendo delle domande e cercando consigli. […]