Clichés e manichini inamidati

Più vado avanti nella scrittura, più conosco persone che la amano come me. Mi accorgo purtroppo, che anche qui ci siano branchi, questa è la parola giusta, di dotti maestri sempre pronti dietro all’angolo per suggerirti o criticarti. Io per ora ho ricevuto delle critiche paragonate al livello in cui mi trovo, ancora da apprendista diciamo, ma sono sicuro che con il progredire e l’allargarsi del parco lavori di cui uno è creatore, le cose si complicheranno. Ho già sentito usare simpatici termini come “limare”, oppure “mostrare e non descrivere”, tanto che se in principio lo “show don’t tell” mi potesse sembrare una rivelazione, adesso diventa una di quelle cose tediosi che il sol sentirne parlare mi viene prurito.

Ho letto alcuni manuali, lo dico e non lo nego, alcuni dei quali veramente validi, e nessuno di loro, dico nessuno, obbligava lo scrittore a “limare” o a “mostrare e non descrivere”. Vero, molti tipo  John Gardner, suggeriscono di revisionare continuamente il proprio lavoro. Quindi questa benedetta lima andrebbe usata. Consideriamo però che Gardner stesso ha passato tutta la vita attorno allo stesso lavoro, mai soddisfatto di quello che aveva fatto. Un grande maestro, un imperfetto scrittore? No, era solo il suo modus operandi, punto.

Allo stesso tempo, nessuno di questi maestri ti obbliga a seguire un iter per ogni frase che componi, tipo «Oh, no! Qui hai descritto troppo!» o ancora «Ehi, ma il POV?». Stiamo parlando di scrivere, di passione, di idee messe su carta, in un mondo in cui non siamo professionisti ma amatori. Quindi, dovrei analizzare ogni mio brano per vedere se le regole le ho seguite? No, grazie, non sono un manichino inamidato, legato alla sedia del laboratorio di scrittura, battendo i tastini in modo meccanico e cercando di battere dei record. Scrivere non è scienza e nemmeno sport. Sorry, io scrivo come mi pare. Stop.

Vi lascio un brano di John Gardner, in cui parla di una cosa che capita purtroppo ai suddetti manichini: infarcire di parole altisonanti e roboanti i propri scritti è una stronzata.

“Lo scrittore più svantaggiato è quello il cui senso del linguaggio sembra incorreggibilmente deviato. L’esempio più ovvio è lo scrittore che non riesce a muovere un passo senza servirsi di frasi tipo “con un lampo di felicità negli occhi”, o “la deliziosa coppia di gemelli”, o “l’eco della sua sonora risata”: espressioni prive di vita, emozioni meccaniche, da zombie, di uno scrittore che nella vita quotidiana non prova alcuna sensazione o comunque non crede a ciò che sente in misura sufficiente da cercare di definirlo con parole proprie, e chi quindi preferisce ripiegare su “ella soffocò un singhiozzo”, “un sorriso amichevole all’angolo della bocca”, “inarcando il sopracciglio in quel suo tipico modo interrogativo”, “un lieve sorriso le piegava il labbro”, “il volto incorniciato da riccioli ramati”. Il problema è che non si tratta solo di clichés (logori, abusati) ma che questo linguaggio è sintomatico di uno sfondo psicologico che conduce all’atrofia.”

10 commenti

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  1. Anch’io ho letto alcuni manuali di scrittura e, come te, alcuni mi hanno davvero aiutato a capire alcune cose. Ma non è questo il punto, non si è scrittori se si è letto un manuale o no.
    Un giorno, un caro amico mi disse una cosa: non importa come, non importa con che parole, quello che importa è che alla fine la tua storia sia uscita come volevi.
    Beh, forse sembrerà stupido, forse scontato (ma non troppo), però non ho più dimenticato quelle parole. Show, don’t tell, POV, tutte cose che, sì, servono, ma che troppo spesso vengono usate per criticare piuttosto che aiutare uno scrittore, emergente e non.
    Anche King viene da tempo criticato sotto questi punti di vista, ma rimane il fatto che le sue storie sono vive. Possono non piacere, ma è innegabile quanta maestria abbia nel narrare una storia.
    Scrivi come vuoi, fai quello che vuoi, e se lo fai seguendo il tuo spirito, vedrai che le tue storie saranno sempre vive.
    🙂

    1. Pienamente d’accordo con te Paolo. Tra l’altro, come spesso dico, di King ho letto poco, ma On Writing è il più utile saggio sulla scrittura che mi sia passato tra le mani. Un libro consigliato, pensa te, da un amico scrittore a cui venne suggerito come lettura dalla sua stessa casa editrice, non per migliorare il suo stile, ci mancherebbe, ma per fargli capire i punti che anche tu hai sottolineato: vai avanti, lascia perdere ciò che dicono alcuni e rendi prezioso quello che ti dicono altri, ma alla fine sei tu che scegli come deve essere la tua opera.

  2. Bellissimo post, Marco. 🙂 Io non ho letto manuali di scrittura, solo “On writing” di King che è una cosa a metà strada. Anche lui solo suggerimenti e consigli, nessun dictat, nessuna imposizione, nessuna regola.

    Del resto a parte le regole della grammatica, che vanno rispettate ovviamente, tutto il resto è appannaggio dello stile dello scrittore. Se voglio mostrare, mostro. Se voglio descrivere, descrivo. E lo farò nelle quantità che ritengo opportune per il mio racconto. Già devo seguire regole in tutti gli altri campi della vita umana, imporre regole inutili anche nella scrittura distruggerebbe anche questa nostra bellissima passione. 🙂

    Ciao,
    Gianluca

    1. Grazie Gianluca 🙂 Io ne leggevo all’inizio e di scrittori che qualcosa hanno realizzato. In giro ce ne sono tanti fatti da chi sta lì a insegnare senza far nulla. Quello di King forse è il migliore, sincero (me lo auguro, anche se quello dalle stalle alle stelle è un raccontino sentito troppo in giro) e utile, SAGGIO sulla scrittura. Come dici tu è una cosa a metà. Serve a non scoraggiarti, a essere propositivo e… fare quello che ti pare, purché piaccia a te e ai tuoi LI, personaggio chiave se ben ricordi. I miei LI sono contenti e si divertono, cosa posso volere di più? 😉

    • Greatad il Gennaio 8, 2012 alle 12:38 pm
    • Rispondi

    Non so, non che sia molto esperto, ma a leggere in giro per blog e qualche manuale, posso dire che piu che “mostrare e non descrivere” è “mostrare e non raccontare”… vabbè, forse ho interpretato male le tue parole ^^
    E poi l’evitare i clichè è una cosa derivata dallo “show don’t tell” secondo me, poichè si va a mostrare come un personaggio reagisce ad un evento invece che affidarsi alle solite espressioni trite e ritrite…
    Comunque secondo me i manuali sono molto utili. Vero che l’importante è come esce alla fine la storia, ma se è anche scritta bene con qualche criterio di certo è più godibile.
    Bye!

    1. Non hai interpretato male le mie parole, anche perché scusa, “mostrare e non descrive” è diverso da “mostrare e non raccontare? Il raccontare è alla fine il descrivere. Spero che non ci siano altre ramificazioni di questa dottrina, sennò muoio 😀
      I manuali sono utili se scritti bene. In giro c’è tanta fuffa ripetitiva di chi non ha mai scritto nulla e vuole insegnare. E se uno li segue, beh, inevitabilmente anche lo “show don’t tell” diventa un corridoio da seguire senza altri sbocchi. La cosa migliore, sarebbe non starci a pensare e scrivere.
      Grazie per l’intervento 🙂

  3. Ma li avete mai letti gli apocrifi di James Bond di John Gardner?
    Perché ok lo faccio per denaro, ok predica bene e razzola male, ma insomma… 😉

    1. Davide, quello è un altro John Gardner per fortuna 🙂 John Champlin Gardner Jr è quello di cui parlo io, tu parli di quel catorcio di John Edmund Gardner 😀 Sono due scrittori diversi.

    • Greatad il Gennaio 8, 2012 alle 3:08 pm
    • Rispondi

    io sto seguendo word painting della mcclanahan per le descrizioni e how to not write a novel di mittelmark per la storia in generale, sono buoni manuali? chiedo per ignoranza, perchè li avevo visti citati in giro e quello di mittelmark è abbastanza simpatico ^^
    e io intendevo piu “descrivere” nel senso di descrizioni effettive, mentre “raccontare” penso stia per dire le azioni che si svolgono in maniera riassuntiva…

    1. Ti dirò, io parlo della stessa cosa 🙂 Il contenuto non cambia. Qualche manuale serve eccome, soprattutto all’inizio. Poi va a fortuna: si possono incappare in inutili e prolissi saggi che ti disorientano, o in lavori leggeri come quello di King, che ti aiuta a capire come trovare stimoli, a come non arrendersi mai ecc… piuttosto che regole. Chi dice che certe regole non soffochino il tuo stile? Che manuale lessero Dickens e Dostoevskij? Non credo che ne lessero, eppure sono maestri e innovatori.

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