A proposito di horror

Le prime basi di scrittura mi vennero date alle superiori, grazie a un’insegnante che amava molto la letteratura, e che ci fece analizzare approfonditamente i vari generi. Paradossale, se si pensa che era un istituto tecnico, e non un liceo classico.
E ovviamente, le lezioni che ho amato di più furono quelle sul racconto dell’orrore, con le sue sfumature, comprendenti il gotico[1].

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Gli elementi che caratterizzano questo genere, quello di cui dico di scrivere anch’io, sono molto importanti e delineati, come per qualsiasi altra tipologia, e lei sezionò le letture che facevamo per farci notare che erano ben presenti.
Se prendiamo per esempio la definizione di letteratura horror e di cinema horror, noteremo facilmente che horror non significa “mostro” o “creatura soprannaturale”.

Partiamo dalla definizione che troviamo sul vocabolario online di Treccani:

orróre s. m. [dal lat. horror -oris, der. di horrere (v. orrido)]. – 

1. 

a. Impressione violenta di ribrezzo, di repulsione, di spavento, provocata nell’animo da cose, avvenimenti, oggetti, persone che siano in sé brutti, crudeli, ripugnanti e sim.: vista, spettacolo, racconto che fa (o mette, suscita, desta, ispira,incute) o.

Ecco, abbiamo un principio fondamentale: il romanzo/racconto horror deve lasciare sbigottiti, angosciare, addirittura far provare repulsione. Il sentimento deve nascere da qualcosa di crudele e maligno, per cui, qualcosa che irrompe nella quotidianità e stravolge la vita dei protagonisti. Loro stessi potrebbero essere la causa scatenante dell’orrore, in alcuni casi.
Che siano essi fattori soprannaturali o no, devono creare una spaccatura, un’incrinatura nelle vite di chi popola le storie. E questa spaccatura deve essere tragica, violenta, repellente. Da lettori, dobbiamo temerla come la temono i protagonisti. Dobbiamo chiederci: “E se capitasse a me?”

Lewis, un altro autore analizzato

Lewis, un altro autore analizzato

Ricordo che queste cose ci vennero spiegate bene, insieme agli elementi che compongono la struttura di uno scritto, esso sia un romanzo o un racconto o una novella. Eppure, quando si trattò di metterli in pratica nel compito in classe, su 20 alunni, 18 fallirono completamente. Si trattava di scrivere un racconto del terrore, usando tutto ciò che avevamo appreso.
Dove fallirono quei 18? Scrissero di mostri, scienziati pazzi, carneficine, sangue e budella. Voi direte che in effetti mostri e scienziati sono archetipi dell’orrore, ma da soli non fanno una storia horror, sennò perfino Carletto il Principe dei Mostri sarebbe un cartone horror.
Mancava in tutti[2] la suspense, la mano che ti artiglia alla gola, lo spunto riflessivo che ti fa pensare a come reagiresti tu in quella situazione, mancava l’atmosfera[3]. Erano solo orge di sangue e mostri che dilaniavano personaggi di carta.

Mi sfugge qualcosa...

Mi sfugge qualcosa…

Ecco, oggi siamo in un momento in cui questa confusione è amplificata e finisce negli store online per mano degli autoprodotti, ma non solo, anzi, anche le case editrici contribuiscono a creare confusione. Troviamo quindi libri che hanno all’interno un mostro, e per cui vengono catalogati “horror”, senza averne però i requisiti. Perché sembra che basti ficcare un vampiro, un licantropo o un demone[4] per avere una storia horror. Poco importa se questa creatura passa il tempo a guardare languidamente la bella di turno e a strusciarsi contro di lei, lui non è di questo mondo e quindi la storia è dell’orrore.
Ma come dice la mia amica Lucia in questo POST:

 Ora, io vorrei dire a tutte queste scrittrici che se fai trombare la tua protagonista con un licantropo infoiato, la presenza del licantropo non fa del tuo ebook un horror. Ne fa solo l’ennesimo esempio di spazzatura pornografica.

 

 

 

 

 

 

 

[1] E anche sul gotico ci sarebbe da aprire un dibattito, perché la gente confonde romanticismo con harmony…

[2] Momento da secchione: ebbene sì, la professoressa invitò me e l’altro superstite a spiegare dove avessero cannato gli altri, quindi ne ho letti buona parte.

[3] Oltre a una minima, rudimentale, tecnica. Nessuno di loro leggeva un libro, oltre ai testi didattici.

[4] O un angelo… Grazie Wim Wenders (quasi citazione di Davide Mana)

8 commenti

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    • Oreste il Febbraio 22, 2015 alle 9:50 am
    • Rispondi

    Bello.

    1. Thanx!

    • claudio il Febbraio 22, 2015 alle 12:21 pm
    • Rispondi

    Ottimo distinguo! Teniamo duro.

    1. E pensa che queste cose te le insegnano – ovviamente se ci sono docenti capaci – alle superiori, mica a chissà quale facoltà di letteratura. Come mai si perdono per strada?

        • Screetch il Febbraio 22, 2015 alle 9:28 pm

        Il massimo che riusciva a combinare il mio professore di italiano alle superiori erano interrogazioni sulle pubblicità dei giornali…

      1. Fidati però che la prof si stava sforzando per nulla: su 20, 2 hanno capito…

  1. E l’asino casca sempre lì. Non c’è più la minima consapevolezza dei generi. Se ne fa un unico polpettone e questa ignoranza generalizzata è alimentata pervicacemente da librerie superficiali, autoproduzioni pietose e un’editoria sempre più distante dalle seppur minime vocazioni culturali.
    P.s. sempre curiose le tangenze tra i miei trascorsi e i tuoi…

    1. Esatto. Si confondono i generi, anche se ho il sospetto che alcuni facciano finta di non sapere le cose e ci marcino sopra. Gli stessi editori catalogano il paranormal romance come horror, quando di horror condivide un archetipo rielaborato.

      P.S. Anche tu hai avuto buoni insegnanti ma sprecati per il posto in cui insegnavano?

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