Buongiorno Mondo- Director’s cut

Oggi come regalo, rilascio la versione integrale dello sfortuna racconto che ha partecipato al concorso di Scheletri, e che è finito dritto dritto in fondo alla classifica. A qualcuno era piaciuto molto, a qualcuno un po’ mentre altri lo hanno trovato poco originale. Il mondo è bello perché vario. Qui trovate la versione prima del cut n’ cut per rientrare nelle 300parole richieste dal racconto. Ce ne sono circa un centinaio in più. Leggete e commentate!

Gli zombie sono lenti, troppo lenti. Ben peggio un vicino invadente.

Buongiorno mondo, buongiorno città. Come ogni mattina mi affaccio alla finestra con la mia tazza di caffè in mano. Prima di uscire sul balcone, controllo che il mio vicino non sia già in cortile a potare le rose o a tagliare il prato. Via libera, il suo giardino è vuoto.

L’aria fresca del mattino si scontra con il fumo della mia bevanda, annacquata certo, però è meglio di niente in fin dei conti. Appoggio la tazza sul tavolino e guardo oltre il parapetto. Tutto è come al solito giù nella via. Le auto occupano le strade e la gente i marciapiedi. Un formicaio che si muove verso la solita, quotidiana e inutile routine di questa vita. O meglio non vita.

Sì, insomma, le cose stanno andando un po’ al diavolo ultimamente qui giù in paese, e da quello che si diceva nei giorni del climax, anche nel resto del mondo. I morti camminano e hanno fame. La mia più grande croce è che in questa via siamo rimasti io e quell’essere invadente dall’altro lato della strada.

«Ehi», mi urla. Sovrappensiero non l’ho visto e mi ha già beccato.

«’giorno», rispondo. Ora devo sorbirmi i suoi soliti vaneggiamenti sulle piante, sul clima e su quanto sia bello il suo cazzo di giardino.

«C’è sempre da fare qui in giardino, e nessuno mi aiuta», si lamenta.

Bruciassi tu e il tuo giardino coglione, penso. In quel momento sto per rientrare ma vedo un spiraglio di luce in questo mondo schifoso. In mezzo a quel gruppo di larve che ciondola per la strada, passa quel bastardo che mi fregò lo zaino ai giardini. E adesso, eccolo lì con lo sguardo ebete e la bocca aperta passarmi davanti.

So che rischio molto, ma devo recuperare lo zaino. Mi precipito fuori e lo inseguo, scartando gli assalti dei morti. Sono lenti, troppo lenti.

Il mio vicino mi dice qualcosa. Io lo mando a fare in culo e mi fiondo sul ladruncolo. Quello cade con la faccia sul selciato, emettendo un rumore che mi ricorda una borsa dell’acqua calda. Finalmente riesco a strappargli la borsa e me ritorno nella mia tana, spintonando un po’. Qui dentro c’è la cosa più importante della mia vita.

Nel zainetto c'è il cuore...

Iustitia Mortis: La Giustizia della Morte

Una signora copertina... o una Signora in copertina

Una signora copertina… o una Signora in copertina

Post brevissimo oggi, ma con un contenuto molto interessante. È appena uscito per le Edizioni Scudo, fucina di idee e innovazioni, questo interessante volume, dove grazie a Luca Oleastri e Giorgio Sangiorgi appaio anch’io con un racconto che da chi lo lesse all’epoca, venne ritenuto uno dei più riusciti della mia giovane e folle carriera. El Calavera è tra noi, dico io.

Oltre a me, sono presenti molti autori discretamente noti, sicuramente più di me, con cui ho già condiviso l’esperienza di Robot-Ita 0.1

Da pivello che sono, è un piacere trovarmi di nuovo inserito in un progetto di questa portata, e come menziona anche il booktrailer, segreto. Infatti il progetto fu costruito grazie a un bando segreto, di cui i suddetti Oleastri e Sangiorgi mi fecero l’onore di rendermi partecipe.

Ora non vi resta che gustarvi questo book davvero originale come tematiche, realizzato grazie alle mani di vari autori. A voi la sentenza finale!

Qualcuno vuole la T-Shirt de El Calavera?

Qualcuno vuole la T-Shirt de El Calavera?

Capitan Sottotesto

Siamo in un'epoca oscura: una scena così colpisce il lettore, più di mille intrighi

Forse penso troppo. Badate, non sto dicendo che pensare=ragionare e soprattutto nella maniera giusta. Dico solo che penso troppo quando devo scrivere qualcosa, e questo magari mi porta a complicare il racconto, romanzo o articolo che sia, aggrovigliando le idee. Per fare un esempio, se metto un personaggio che i protagonisti incontrano, mi pongo fin troppe domande su di esso, per poter poi dare risposte esaustive a chi mi chiedesse qualche particolare in più su quello che potrebbe anche essere solo una comparsa. Non so perché, la mia testa fa così e punto.

Mi sono trovato di fronte a un caso che mi ha sinceramente fatto ragionare se prestare maggiore attenzione a quello che riporto su carta, e a cercare di essere più lineare e in un certo senso più interpretabile. Qualcuno mi disse che ciò che era palese per me, non doveva per forza esserlo per gli altri.

Probabilmente scrivendo quel racconto, ho peccato di Hýbris, ideando un sottile sottointeso o sottotesto che si voglia dire. La banalità di un attacco, assalto, rissa, aggressione o altro di simile, mi sembrava fuori luogo. Sono sinceramente stanco solo al pensiero di scioccare i lettore con sangue, schizzi e lacerazioni gratuite, altresì con frasi auliche che attraggano chi mi legge per fargli dire: «Oh, che frase ben costruita, che forma elegante!»

Mi sono sempre detto, un io narrante che parla in quel modo ha dei seri problemi.

Va bene, chiudo la polemica e proseguo, anche se di polemica non si trattava.

Che ci crediate o no, ci sono anche della parole in una canzone, e hanno un senso. Yesterday non è solo nananananana...

Il nodo l’ho trovato con un racconto veramente breve che ho scritto per un concorso. Doveva avere un elemento horror e le parole contate. Ho avuto qualche reazione positiva, tant’è che sono felice di essere stato chiaro e che molti abbiano colto in realtà quello che era il cuore dell’episodio, e chi in realtà rappresentava l’orrore. Ma c’è stato anche chi si è soffermato alla superficie dell’acqua e non ha guardato sotto. Un po’ come ascoltare una canzone e non capirne le parole, limitandosi all’impatto del motivetto. Non vi dirò quale fosse il vero cuore della scena, sta a voi trovarlo.

Ora, senza sembrare spocchioso, mi aspetterei una maggiore cura da chi scrive come me per diletto ed è ancora alle prime armi, perché si rischia davvero di diventare solo dei lettori di parole e trascrittori di frasi.

E poi stiamo lì a rompere i coglioni con lo “Show don’t tell e il POV”…

Ditemi la vostra.

Guardare sotto la superficie: lo stai facendo nel modo sbagliato