E oggi finiscono le ferie. Almeno per me. Evitiamo battute del tipo “beato te che le hai fatte” e scemenze del genere, perché una settimana non si può considerare davvero un break alla vita lavorativa. Se volete rinfrescarvi la memoria su quello che penso io sul lavoro, cito il buon vecchio Bukowski:
“Come cazzo è possibile che a un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l’opportunità di farlo”
Ecco come la penso sul detto “Il lavoro nobilita l’uomo”.
Ho sempre pensato che il lavoro fatto in maniera umana e intelligente, nobiliti e dia dignità all’essere umano, quello fatto come unico scopo di vita e gratificazione, credo che abbia delle grosse pecche e vada rivisto, almeno come concetto.
Bene, ora che ho chiarito questo passo, posso procedere con il vero intento del post. Ho fatto un esperimento singolare su quello che potrebbe essere la vita di un autore che faccia lo scrittore di professione. Potrebbe benissimo essere anche la vita di un musicista o un pittore. Qualcuno insomma che lavori da casa in qualche campo artistico.
Ho preso a campione i cinque giorni lavorativi che partivano da lunedì dal 12 e arrivavano a ieri, il 16. Anche se il 15 era ferragosto, festa inutile per me, l’ho considerato giorno lavorativo.
Partiamo dagli obiettivi:
- Revisionare ed editare un romanzo di 60000 parole.
- Continuare la stesura del sequel di cui sono già state battute 30000 parole circa.
- Leggere
- Recuperare qualche film
- Curare il blog
Focalizziamoci sui punti 3 e 4, perché per i non addetti ai lavori, sembrerà semplicemente una coppia di punti di cazzeggio. In realtà leggere è fondamentale per poter scrivere e questo non me lo toglie nessuno dalla testa. Leggere un libro di urban/paranormal/romance all’anno, non vi dà le basi per tentare di buttare giù un romanzo, figuriamoci un racconto. Stessa cosa vale se volete scrivere un romanzo, ma l’ultimo libro che avete aperto è stato all’ultimo anno di università. 20 anni fa, magari.
E il cinema, consiglio dato da altri autori e famosi, tra cui Ray Bradbury (leggete QUI ), è un’altra fonte immancabile per migliorare la scrittura, soprattutto nei dialoghi.
Infine, nota non da poco, ero solo in casa, e quindi ho potuto simulare una giornata lavorativa in cui la consorte è al lavoro e la progenie è a scuola.
I risultati?
- Ho letto un solo libro. Ho preso tra le mani un libro un po’ troppo lungo per essere finito in una settimana, a meno che non mi dedicassi solo a quello. E il punto successivo ne è la ragione.
- Ho revisionato ed editato il romanzo al punto 1 dell’elenco precedente. Ciò ha portato via anche il tempo per leggere altro se non qualcosa di leggero come al punto seguente.
- Ho letto i 3 numeri appena comprati di Rinne. A me la Takahashi continua a piacere e mi rilassa. Dopo una mattina di revisione, avevo voglia di leggere fumetti.
- Ho visto un sacco di film. A pranzo e a cena. Consideriamo quelli della pausa pranzo, giusto in mezzo tra le ore di revisione mattutine e quelle pomeridiane.
- Il blog l’ho mandato avanti con brevi post come mi ero prefissato. Fine.
- La stesura del sequel di cui parlavo al punto 2? Zero. Non ho scritto una parola. Perché? Punto successivo.
- Immancabilmente qualcosa ti fa uscire di casa o interrompe la tua concentrazione. Per esempio, ho passato quasi un giorno interno a chiamare un call center di una compagnia telefonica, per una questione di inefficienza loro, derivante una pratica aperta del periodo sisma che non hanno ancora risolto.
Posso quindi affermare che potendo lavorare solo sui vostri scritti/dipinti/album musicali/film, riuscireste a curarli tranquillamente, e vi rendereste conto di lavorare oltre alle 10 ore giornaliere senza problemi.
Ovvio che dovete mettere in conto che per il mondo là fuori, voi non state lavorando, e che quindi potete essere interrotti quando e come vogliono loro. Tenetene conto, ripeto.
Se togliete le interferenze esterne, riuscirete a lavorare in maniera ottimale e intelligente per molte ore, e lo farete senza problemi.
Allora sì, miei cari lavoratori eroici, mi sentirò un nobile e non un animale da soma al servizio del nobile che ci guarda mentre i suoi conti lievitano.
7 commenti
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mi è piaciuto assai questo post.
Autore
Grazie! 😀
sottoscrivo con amarezza e rassegnazione ogni parola. Ogni singola parola.
Autore
L’amarezza è grande, purtroppo.
Infatti questa è la vita degna di essere vissuta.. Non è vero che non lavorare significa automaticamente non fare più un cazzo, anzi, l’hai detto anche tu, puoi produrre tranquillamente anche 10 ore al giorno.
Il nocciolo del discorso perciò, a mio parere, è trovare, nella maniera più assoluta, la propria passione, che diventerà la benzina della vita, filosoficamente parlando penso sia la risposta alla domanda “qual è lo scopo della vita?”, questo: maturare, spinto dalle proprie passioni.
Tutto il resto è una accontentarsi e un regalare (buttare) tempo (vita) al vento.
Piccola critica sociale: il tempo non te lo restituisce nessuno e costringere le persone a dedicarlo al lavoro (quello che non nobilita, ma aliena) e basta è un crimine
si perchè ne abbiamo (hanno) fatto un fine (una specie di nuovo Moloch che esige vite umane tramite i suoi sacerdoti – politici e industriali) e non un mezzo ragionevole per mandare avanti le cose.
Autore
Hai usato la parola giusta: è un crimine. Questa idea radicata nella nostra società, legata ancora al lavoro come unico scopo, senza tenere conto quale utilità sociale possa avere quello che facciamo, è una follia. Insensato ancor di più, volere obbligare anche gli altri a farne parte.