Pretty in Pink: quando il pubblico uccide un film

Facendo due chiacchiere tra amici, su Facebook, a proposito di Sing Street, mi sono ricordato di avere da tempo in mente di scrivere un post su Pretty in Pink. A questo punto, vi starete chiedendo che diamine mi sia bevuto per voler parlare di quella commedia scritta da John Hughes.

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Andie, Duckie e Blane

Beh, forse non vi ricordate che io sono un estimatore del Brat Pack da sempre, e che reputo quell’epoca un periodo ancora felice per le commedie adolescenziali, e le trovo ancora oggi piacevoli da riguardare. Che siano i ricordi di gioventù o meno ad alterare il mio giudizio non lo so, ma Ferris Bueller’s Day Off o Breakfast Club me li riguardo almeno una volta all’anno.

Il film doveva finire così

Il film doveva finire così

Ma cosa c’è da dire su Pretty in Pink? Beh, se partiamo dal fatto che come lo conosciamo noi è poco più di un film simile ad altri cento usciti dopo, e che si rifanno un po’ alla storia di Cenerentola (ragazzina sfigata che poi si mette col principe di turno), dobbiamo però sapere un curioso antefatto.
Per come lo scrisse John Hughes, la ragazzina povera e sfigata, interpretata dalla fidanzatina d’America di allora, Molly Ringwald[1], alla fine mandava al diavolo il principino e si accorgeva che l’uomo della sua vita le era sempre stato accanto, ed era il suo miglior amico Duckie.
E per tutto il film impariamo a conoscere la protagonista Andie, vedere che lei è intelligente, piena di talento e merita davvero qualcosa di buono nella vita. Non lo pensiamo di noi stessi tutti i giorni? Qui entra in gioco il fattore immedesimazione, e Hughes voleva lasciarci un messaggio finale, che ritengo molto, molto maturo e importante per la generazione dell’epoca e quelle a venire:

‘fanculo il principe e la ricchezza: potrei aver già ciò che mi  far star bene

Ed era Duckie, il ragazzino impacciato ma molto più simile ad Andie di quel pavone di Blane.
Nel finale, Andie aveva la sua epifania, prendeva Duckie e andava al ballo con lui.
Ma all’anteprima del film, il pubblico non fu d’accordo sul finale, e il regista Howard Deutch fu costretto a rigirare il finale, facendo finire Andie con Blane. Se guardate attentamente e in maniera critica, però, vedrete che a livello narrativo, e non solo, quel finale è posticcio. Forse è consolatorio per le cenerentole di tutto il mondo, quelle più superficiali che sognano bellezza e ricchezza, più di ogni altro valore.
La cosa, di per sé, è grave, oltre che stupida. E manca di coerenza, distruggendo in un sol colpo l’opinione che ci si è costruiti su Andie. Perché, come dicevo poche righe sopra, impariamo a conoscere Andie come una ragazza adulta, responsabile e intelligente, ma quel finale, quello posticcio, la demolisce completamente, trasformandola in un’oca all’ultimo secondo.
Pensateci: quanti altri prodotti di intrattenimento di oggi sono figli di questa pessima scelta “suggerita” dal pubblico? Non siamo oggi nell’era in cui è il fandom a pilotare l’andamento dei serial TV, per esempio?
Ecco, e Pretty in Pink fu forse il tragico inizio del declino…

[1] Una delle due del fattore ’68 dei Fratelli Ascari, in I Piani di un Dio, tra l’altro

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